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GIURISPRUDENZA
- CASSAZIONE - DIRITTO SPORTIVO
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In
questa sezione una rassegna di giurisprudenza inerente
al Diritto dello Sport.
Con la presente si intende fornire un servizio di consulenza
per gli appassionati, i professionisti ed i legali che abbracciano
la materia.
Qualora si intendesse segnalare una sentenza, una
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ILLECITO
SPORTIVO E DOPING - GIURISPRUDENZA
Illecito Sportivo
- Cass. pen., sez. II, 29 marzo 2007, imp. G.
Commette il reato di frode sportiva (art.
1, 1° comma, legge n. 401 del 1989)
anche l’atleta che abbia consapevolmente e volutamente accettato
di
compiere “altri atti fraudolenti” diversi da quelli dettagliatamente
indicati
nella prima parte della stessa disposizione (ad esempio,
accettando la
somministrazione di sostanze dopanti per esaltare le proprie
doti atletiche)
al fine di alterare la genuinità del risultato di una competizione
sportiva.
Tra gli “altri atti fraudolenti” che integrano, ai sensi
dell’art. 1, 1° comma,
legge n. 401 del 1989, il reato di frode sportiva, non rientrano
le mere
violazioni delle regole del gioco, che sono sanzionabili
unicamente
dall’ordinamento sportivo, potendo la condotta assumere
rilievo penale
soltanto ove contenga un quid pluris, ovvero un artifizio
o raggiro che
modifichi fraudolentemente la realtà, alterando il corretto
e leale risultato
della competizione sportiva. L’art. 1, 1° comma, legge 13.12.1989
n. 401,
che tutela la genuinità del risultato delle competizioni
sportive da essa
disciplinate, nel rispetto dell’alea che alle predette competizioni
è correlata,
è norma a più fattispecie che incrimina due distinte condotte,
consistenti la
prima in una forma di corruzione in ambito sportivo e la
seconda in una
generica frode, entrambe a dolo specifico, consistente nel
fine di
raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al
leale e corretto
svolgimento della competizione. Tra l’art. 1, 1° comma,
ultima parte, legge
n. 410 del 1989 (che prevede e punisce il reato di frode
sportiva
“generica”), e l’art. 9 legge n. 376 del 2000 (che prevede
e punisce il
reato di doping) non sussiste continuità normativa, in difetto
della
necessaria coincidenza strutturale, essendo diverse le condotte
disciplinate (la frode sportiva “generica” è reato a forma
libera, l’altra
fattispecie è a forma vincolata), il bene giuridico protetto
(nel primo
caso, la correttezza e la lealtà dello svolgimento delle
competizioni
sportive disciplinate dall’art. 1 legge n. 401 del 1989,
nell’altro la lotta
al doping, a tutela delle persone che praticano lo sport)
e l’ambito di
applicazione (la legge n. 376 del 2000 è in parte più ampia,
riguardando
tutte le competizioni sportive, e non soltanto quelle del
Coni, ed in
parte meno ampia, punendo esclusivamente la somministrazione,
l’assunzione ecc. di sostanze dopanti); ne consegue che
i fatti commessi
prima dell’entrata in vigore della legge n. 376 del 2000,
concernenti
somministrazione di sostanze dopanti espressamente vietate
dal d.m.
15.10.2002 (che ha ripartito in classi i farmaci e le sostanze
il cui impiego
è considerato doping) - oggi punibili ai sensi dell’art.
9 legge n. 376 del
2000 - rimangono punibili ai sensi dell’art. 1 legge n.
401 del 1989, quale
legge più favorevole; al contrario, la somministrazione
di sostanze non
ricomprese nell’elenco ministeriale resta punibile ai sensi
dell’art. 1,
1° comma, legge n. 401 del 1989, che non è stato implicitamente
abrogato dalla norma sopravvenuta. Non sussiste rapporto
di specialità,
ai sensi dell’art. 9 legge n. 689 del 1981, tra l’illecito
amministrativo di
somministrazione ed assunzione di sostanze dopanti, sanzionato
dagli
art. 3 e 4 legge n. 1099 del 1971, ed il reato di frode
sportiva, previsto e
punito dall’art. 1 legge n. 401 del 1989, per la disomogeneità
dei beni
giuridici tutelati, essendo quest’ultima disposizione posta
a tutela del
leale e corretto svolgimento delle competizioni sportive,
le altre a tutela
della salute dei partecipanti. La somministrazione ad atleti,
da parte di
terzi, di sostanze vietate destinate a menomarne oppure
a migliorarne
artificiosamente le prestazioni e, per l’effetto, il rendimento
agonistico,
rientra tra gli “altri atti fraudolenti” previsti dall’art.
1, 1° comma, legge
n. 401 del 1989, ed integra il reato di frode sportiva,
se animata dal fine
di alterare la genuinità del risultato di una delle competizioni
sportive
tutelate dalla norma (nella specie è stato ritenuto integrato
il reato dalla
condotta di soggetti terzi che avevano reiteratamente somministrato
a
più calciatori di una società di calcio sia farmaci non
vietati, ma con modalità
off label, ovvero al di fuori dal contesto organizzativo
individuato dal
ministero della salute ed in forme non consentite, sia farmaci
vietati
appartenenti alla categoria dei corticosteroidi).
(Su questo punto, in senso contrario, App. Torino 9.3.2006,
in Rass. dir. farmaceutico, 2006, 1297).
Fonte : IlNuovoDirittoSportivo
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